«SERVE CHIAREZZA» E L'INTERVENTO DI CHI LA DEVE FARE. A PARTIRE DALL'OSPEDALE PER FINIRE ALL'ORDINE DEI MEDICI. È una «questione» che si trascina da anni quella dell'Interventistica Neuroradiologica in Basilicata. La vicenda venuta alla ribalta delle cronache nei giorni scorsi che ha coinvolto suo malgrado il sindaco di Avigliano, Vito Summa, è solo l'ultima di una lunga serie. L'intervento per risolvere l'ischemia celebrale che lo ha colpito, la Neuroradiologia Interventistica dell'ospedale San Carlo di Potenza, non è riuscita a portarlo a termine, mentre un altro ospedale di Firenze lo ha realizzato con successo. E così per fortuna Summa ha potuto evitare l'intervento della NeuroChirurgia che prevede l'apertura del cranio, così come pare che gli sia stato proposto al San Carlo. Ma di cosa si tratta? Quando un vaso (arteria o vena) nel cervello che trasporta sangue si deteriora, si deforma o si rompe deve essere «necessariamente» riparato e in tempi molto ristretti; Le conseguenze potrebbero essere permanenti e gravi. La prima cosa che viene fatta giunti in un ospedale attrezzato, in Basilicata l'unico è il San Carlo, è capire il grado del problema. Viene inserito un cateterino in un vaso in modo da raggiungere il punto nel cervello da verificare per capire se è riparabile subito o è necessario l'intervento del neurochirurgo. Nel caso di Summa, dalle notizie raccolte da fonti autorevoli, il medico interventista avrebbe tentato di risolvere il problema in sede di diagnosi con il cateterino, ma non ci sarebbe riuscito come a volte può capitare. Da qui il consiglio di far intervenire il neurochirurgo come «ultima spiaggia» La famiglia di Summa bene ha fatto, alla luce dei risultati, a far tentare l'intervento col cateterino in una struttura specializzata di Firenze. La notizia della vicenda ha sollevato un gran polverone e da più parti e per l'ennesima volta viene chiesta chiarezza. Va ricordato che non è il primo caso. Sono di circa un anno fa alcuni articoli sullo stesso tema che la Gazzetta ha pubblicato, ma già molti anni prima la situazione era venuta alla ribalta della cronaca. Dopo una serie di accuse e di smentite tutto è tornato come quasi sempre capita nel dimenticatoio. E dopo un anno il fatto a dir poco «imbarazzante» per la sanità lucana si ripete. Fra i vari protagonisti di questa ingarbugliata vicenda, più di quanto il comune cittadino possa immaginare, ci sono una lunga serie di attori. A partire dai passati direttori generali e sanitari, consapevoli a pieno della dubbia situazione di quell'attività dell'ospedale, al capodipartimento, fino all'ordine dei medici. La presunta inefficienza di quell'unità operativa del San Carlo sarebbe dovuta principalmente alla scarsa attività che svolge in quel settore specifico. Come spesso capita in Basilicata, mancano i numeri. Quell'attività sanitaria è giustificata per un bacino di un milione di persone e richiede una manualità di base dell'operatore molto sofisticata e, come raccomandano le lineee guida, si dovrebbero effettuare almeno 35 interventi l'anno. Un centro che ne fa meno, come quello del San Carlo, non è in grado di offrire le dovute garanzie. Infatti le medie di mortalità nei centri con le caratteristiche operative giuste sono molto più basse di quelle che aveva il San Carlo fino a qualche anno fa. Oggi l'azienda San Carlo si trova, sulla scia dell'onda emozionale, davanti a una scelta obbligata: risolvere una volta per tutte la questione «autonomamente» Il Capodipartimento radiologico, del quale la neuroradiologia fa parte, il dottor Domemnico Maroscia, ha detto che: «Sono già diversi anni che predico anche per iscritto che quell'attività con quell'assetto sarebbe meglio non svolgerla nel San Carlo - e poi - I numeri non la giustificano e di conseguenza non consentono di dare le giuste garanzie ai pazienti. Le strade sono due - secondo Maroscia - O si mette in piedi una convenzione con centro specializzato dove i pazienti vengono trasportati anche in eliambulanza, cosa possibile, o si crea una unità unica per tutta l'interventistica del San Carlo; Creando prima le giuste professionalità e - ha concluso Maroscia - in modo da avere i numeri necessari per garantire la corretta dimestichezza degli operatori» L'ordine dei medici della provincia di Potenza, pur se con notevole ritardo ha manifestato il suo interesse a chiarire la vicenda. Va detto che è da molti mesi che garantisce il suo intervento per la verifica dell'operato dei medici di quella unità operativa, ma a oggi non si è saputo di azioni incisive e produttive volte alla chiarezza. Probabilmente sulla scia dell'ennesimo «episodio» sarà «costretto» a intervenire. Intanto dall'ospedale fanno sapere che stanno valutando attentamente la questione. La nuova amministrazione, sia generale che sanitaria, forse anche perché scevra dai condizionamenti che nella sanità lucana sono tradizionalmente forti e presenti, dovrebbe e potrebbe cogliere l'occasione per risolvere un problema che dura ormai da un decennio, che si porta dietro una lunga scia di polemiche e troppo gravi sospetti. E in tutta questa vicenda c'è chi fa notare l'assoluta mancanza della voce di chi dovrebbe tutelare i diritti dei malati. In particolare del Tribunale per i diritti del malato che nell'ospedale San Carlo ha una sede fissa.
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