ARTICOLI PIU' LETTI

giovedì 29 settembre 2011

San Carlo. Se il cardiochirurgo non opera più


San Carlo. Se il cardiochirurgo
non opera più
Disorganizzazione nei turni notte-giorno, rischio per chi opera e per chi viene operato. E poi disparità tra chi prende il bisturi: ci sono primedonne e riserve lasciate in panchina
San Carlo. Se il cardiochirurgo 
non opera più 28/09/2011
di LUCIA SERINO


POTENZA - Vi fareste operare al cuore sapendo che il chirurgo che si appresta ad aprirvi il torace sta lavorando notte e giorno da un bel po', con il rischio che è senza un riposo e una lucidità adeguati? Chi sono i medici che entrano nella sala operatoria di cardiochirurgia del più grande ospedale regionale dove ancora oggi arrivano pazienti da strutture vicine molto qualificate (ad esempio la clinica Montevergione di Mercogliano, molto famosa) per interventi di alta specializzazione come l'impianto delle Tavi?

Quella che vi stiamo raccontando è la parabola del reparto che era il fiore all'occhiello dell'ospedale San Carlo di Potenza, la cardiochirurgia. Venivano da tutto il Sud, ma non solo. Incontri ancora, fuori regione, persone che te lo raccontano. Per alcuni, anzi, il nome Potenza è legato esclusivamente all'ospedale e l'ospedale esclusivamente a quella specializzazione. Del dipartimento fa parte anche la cardiochirurgia pediatrica, ma da qui bambini non ne passano, pochissimi, qualche albanese o altri piccoli stranieri, stop. L’accordo con il Bambino Gesù fa ben sperare. Ma per una cosa che va molte altre sono da sistemare. Quando arrivò Sergio Caparroti la fama del reparto si consolidò dopo gli anni fulgidi di Tesler che l'aveva avviato.

Caparrotti veniva dalla sanità privata, operava, operava. Fecero la fila in reparto per ingraziarselo, il successo aumentò, i problemi pure e Caparrotti alla fine si dimise, per via delle indagini di Woodcock sulla sanità ma anche perché - come scrisse nella lettera d'addio che il Quotidiano pubblicò - perché l'ambiente gli era ostile, troppe chiacchiere e troppi veleni. Quando chiuse la porta quasi nessuno, di quelli che avevano fatto la corsa per accaparrarsene la fiducia, gli strinsero lealmente la mano. Capita così, in fondo, con tutti i capi. Cose umane.

E si ricominciò, nuovo primario, nuova corsa. A capo della squadra oggi c'è il professor Roberto Gaeta, dell'università di Messina. Otto medici più un nono a tempo determinato che però lavora molto. Ma oggi non tutto fila liscio. E farebbe bene Des Dorides a intervenire subito.

L'organizzazione del lavoro non va. C'è un bel numero di vertenze al giudice. Gli accertamenti dell'ispettorato del lavoro hanno già fatto riscontrare delle irregolarità che sono state sanzionate. Il procedimento è in corso per le contestazioni dell'azienda ospedaliera. Ma è sul piano dei rapporti interni che si registrano situazioni molto tese. Le lettere inviate già in passato all'ex direttore generale De Costanzo e al dirigente sanitario Pennacchia (a proposito le voci del Palazzo lo danno fuori dalle prossime nomine, con scarse possibilità di essere riconfermato, più consolidata invece sembra essere la posizione del direttore amministrativo, Pedota) sono rimaste carta straccia, le discussioni sindacali non hanno contribuito a risolvere il contenzioso, con alcuni interrogativi inquietanti: ad esempio è stato sempre annotato tutto sul registro degli interventi?

Tra i vertici qualcuno ti risolve così il problema: «I cardiochirurghi? Tutte primedonne». Sarà, ma c'è un contenzioso giudiziario aperto e il problema della disorganizzazione dei turni non può essere liquidato, come pure ti dicono, con un approssimativo: «Fanno cose non autorizzate». Se in qualunque azienda si fanno cose non autorizzate cos'è che succede?


Il nuovo direttore generale Des Dorides avrà un bel da fare. C'è una gran confusione nella turnazione giorno notte (è qui che sono state riscontrate violazioni da parte dell'ispettorato del lavoro per violazione degli accordi sindacali) con l'effetto di caricare i chirurghi senza andare troppo per il sottile sulla necessità di recupero. E poi l'ingresso in sala operatoria. Qui si apre un altro capitolo che è in corso di accertamento giudiziario: perché sempre gli stessi in sala operatoria? Perché sempre gli stessi per l'utilizzo delle ultime tecniche? Se si controlla la media delle operazioni fatte dai chirurghi del reparto si noterà sicuramente una disparità di trattamento: bravi alcuni e asini gli altri? Sciatteria organizzativa? Fare il chirurgo è anche un allenamento. Meno operi e meno sei quotato, meno il tuo nome gira meno persone scelgono te, anche per le visite intramoenia. All'opposto, chi più opera più si quota sul mercato, da più pazienti viene scelto, più ricco diventa. Perché c'è anche quest'aspetto da considerare, quello del vantaggio economico. Ma fermiamoci a quello che riguarda la salute dei pazienti. E ritorniamo alla domanda iniziale.Perchè alcuni possono operare e altri no? Qual è il criterio che guida la turnazione?
 

domenica 18 settembre 2011

WIKILEAKS CONFERMA LA PRESENZA DI URANIO ARRICCHITO ALLA TRISAIA DI ROTONDELLA


Matera – Materiale utilizzato principalmente per la realizzazione di armi nucleari
e per la produzione di energia nucleare, l’uranio arricchito è una miscela di
isotopi dell’uranio, che differisce dall’uranio naturale estratto dalle miniere
per un maggior contenuto dell’isotopo 235U; tale isotopo è l’unico esistente in
natura in quantità apprezzabili che possa essere sottoposto a fissione nucleare
innescata da neutroni termici. Un elemento di cui si sente tanto parlare con
discussioni che alle volte preoccupano la comunità, ovviamente a ragion veduta,
visto l’utilizzo che se ne può fare. E di uranio arricchito da tempo se ne parla
anche in Basilicata riferendosi al centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella,
sorto nel 1962, essenzialmente come centro di riprocessamento degli elementi
esauriti del combustibile nucleare. A porre l’accento sul centro ricerche del
materano è ora Wikileaks, l’organizzazione internazionale che riceve in modo
anonimo documenti coperti da segreto di stato, militare, industriale e bancario
e poi li carica sul proprio sito web. E’ stata infatti pubblicata una lista di
materiali nucleari che interessa la Sogin, la società che gestisce gli impianti
nucleari della Trisaia, ed una agenzia governativa degli Stati Uniti, e tale lista
conferma la presenza di uranio arricchito ma anche di quello impoverito a Rotondella,
con molta probabilità da ricollegare a numerose barre trasferite a fine anni ’60
dagli Usa. Il materiale sarà ben custodito, è fuor di dubbio, ma chiaramente torna
il problema della Trisaia come obiettivo sensibile, essendo l’uranio arricchito di
gran valore e richiestissimo per alimentare i reattori nucleari e per realizzare
potenti ordigni bellici.


Articolo completo: http://www.trmtv.it/home/cronaca/2011_09_04/26135.html

sabato 17 settembre 2011

POLICORO - La guardia di finanza notifica le conclusioni delle Indagini . Avvisi di Garanzia anche Per Leone , Lasaponara, Trupo , Siepe...


La guardia di finanza notifica le conclusioni delle Indagini . Avvisi di Garanzia anche Per Leone , Lasaponara, Trupo , Siepe...

pubblicata da Ottavio Frammartino il giorno venerdì 16 settembre 2011 alle ore 15.59


Leone smentisce la difesa di Lopatriello e dice : Piena fiducia nell'operato della magistratura, chiederò di essere sentito subito .

Ogg ila finanza ha notificato a Lopatriello , Ierone , Latronico , Viceconte , Lista , Collamarino , Rotunno , Benedetto , Livio Gennaro , Leo Giuseppe , La Rocca Rocco , D'amato Felice , Pascale Giuseppe , la conclusione delle indagine per cui molti di questi il 13 gennaio finirono agli arresti , in particolare per Lopatriello , Ierone e Rocco la Rocca , tutti premiati con incarichi da pochi giorni si contesta anche il grave reato di corruzione aggravata.
Desta sorpresa per tutti e che nel frattempo nella vicenda sono stati coinvolti anche Leone , Lasaponara , Di Cosola , Siepe , Trupo , componenti della vecchia amministrazione ,questi sono accusati dei reati in associazione di falsità materiale e falsità ideologica (art. 479 e 476 cp ) relative alla vicenda del verbale della seduta della giunta Municipale del 19/04/2010 , in cui Lopatriello e la sua difesa sostengono che non era stato possibile che ierone in quella occasione avesse consegnato il pacco con sigari , contenente secondo l'accusa le Tangenti , perchè dalle 10.00 alle 12 , con un interruzione successiva durata fino alle 12,40 era in corso una giunta , e che la voce che si sentiva che secondo la procura è di Lopatriello , la difesa eccepiva invece che sentito l'accento è di un soggetto diverso così come una perizia di parte avrebbe asserito.

Oggi viene contestato , dopo una lunga indagine a Lopatriello e alla sua ex giunta che avrebbero dichiarato il falso in quando la giunta si sarebbe tenuta secondo gli inquirenti tra le 13,19 fino alle 14,08 e non tra le 10 e le 12 cosi come dichiarato da loro . Circostanza non di poco conto perchè se fosse provata questa si che metterebbe veramente in MUTANDE il nostro sindaco.

E a conferma che la situazione si sta mettendo veramente male per Lopy sono le dichiarazione del suo ex vicesindaco, che abbiamo sentito per telefono , e ci tiene a chiarire che in primis lui non è indagato per Tangenti o corruzione,ma la vicenda che lo coinvolge e su un aspetto minore e che ha tutta l'intenzione da subito chiedere di essere Sentito dal magistrato e dalla procura in cui ha piena fiducia , e aggiunge che è notorio che egli prima delle 12 non si è mai recato in comune per delle giunte , men che mai quel giorno .

venerdì 16 settembre 2011

BASILICATA.....Il Tar "rimanda" il San Carlo



La decisione sull’affidamento “last minute” per i prossimi 5 anni: «Spetta al Consiglio di Stato»
Il Tar "rimanda" il San Carlo 16/09/2011 POTENZA - Due anni or sono era andata in maniera un po’ diversa. I giudici di Palazzo Spada avevano annullato le sentenze del Tar Basilicata. Il San Carlo si era adeguato, ma gli esclusi erano tornati a farsi sentire. Si erano rivolti al Tar che aveva respinto le loro richieste. Poi di nuovo dai giudici di Palazzo Spada che invece gli hanno dato ragione. A giugno il San Carlo ha cercato di adeguarsi per la seconda volta risolvendo il contratto ancora in essere, e affidando l’appalto per le pulizie e i servizi a una delle ditte escluse nel 2006. Ma dei tre concorrenti per quella gara da cinque milioni all’anno ne restava ancora uno. Così la giostra è ripartita. Nuovo ricorso al Tar e intanto richiesta di risarcimento danni al San Carlo: una cosetta da tre milioni. Solo che il Tar questa volta se n’è lavato le mani. Spetta al Consiglio di Stato chiarire il senso delle sue decisioni se non sono tanto chiare. Ne va dell’«efficienza», dell’«efficacia» e dell’«economicità» dell’operato dello stesso Tribunale amministrativo lucano, soprattutto in relazione «al principio di ragionevole durata del processo». In pratica si rischia una pioggia di ricorsi a catena, e altrettante bocciature dai colleghi della capitale. Dunque è stato stabilito.
Il ricorso dell’associazione di imprese Diemme - Smi - Pulisan è «inammissibile». La sentenza è stata depositata soltanto ieri mattina. Mancano gran parte delle motivazioni eppure riempie diverse pagine. Ripercorre per sommi capi tutta la vicenda del maxi appalto quinquennale da 28 milioni di euro che è finito al centro di tante polemiche e inchieste della magistratura (vedi articolo a fianco). Le spese giudiziarie sono state compensate «tenuto conto del contrasto giurisprudenziale sulla parte del ricorso in esame che è volta a ottenere una durata dell’appalto, che deve essere eseguito dalla società Kuadra Srl, minore di 5 anni, sottraendo da tale arco di tempo il periodo, relativo al servizio già espletato illegittimamente dall’Ati Naer Servizi Srl.-Global Cri Srl-Vivenda Spa, in virtù del contratto di appalto, stipulato il 27 gennaio 2010».
Kuadra è la ditta esclusa in prima battuta a cui lo scorso 28 giugno è stato affidato il servizio per i prossimi cinque anni. Le imprese dell’associazione Naer Servizi Srl.-Global Cri Srl-Vivenda Spa quelle del gruppo “La cascina” che dal 2006 si sono stabilite al San Carlo.
Scrivono i giudici del Tar Basilicata: «Con riferimento alla controversia in esame (esatta esecuzione del giudicato relativo all’affidamento dell’appalto dei servizi di sanificazione ambientale e pulizia, di trasporto e consegna dei pasti e di ritiro, trasporto interno rifiuti e trasporto di materiali vari) si sono svolti già due giudizi e processi, che si sono tutti e due articolati con lo svolgimento di entrambi i due gradi di giudizio e si sono conclusi con sei sentenze passate in giudicato». La delibera “last minute” sottoscritta dall’ex direttore generale del San Carlo Giovanni De Costanzo (solo una settimana prima della nomina del suo successore Andrea Des Dorides), il direttore amministrativo Antonio Pedota, Raffaele Giordano per l’ufficio economato e il direttore sanitario Agostino Pennacchia, intendeva dare esecuzione alle sentenze del Consiglio di Stato di febbraio. Di pari passo il ricorso di Diemme - Smi - Pulisan «ha dedotto in via principale la violazione e/o l’elusione» da parte dell’amministrazione resistente (l’azienda ospedaliera San Carlo, ndr) delle stesse sentenze. Perciò «non può assumere alcun rilievo» il fatto che si sia chiesto l’annullamento di quella delibera e basta.
Per i giudici del Tar la questione va inquadra nella maniera corretta che riguarda l’esecuzione di quelle decisioni. In gergo tecnico si dice che andrebbe proposto un “giudizio di ottemperanza”. Dalla loro lettura si evincerebbe che la Kuadra srl aveva già avanzato una domanda di “risarcimento in forma specifica”, che significa: «non voglio il soldi ma il lavoro». Ma il punto è contestato dai legali di Diemme - Smi - Pulisan e non è di poco conto.
In realtà di «risarcimento» nella sentenza sul ricorso presentato dalla Kuadra non si parla. È scritto che «l’accoglimento dei motivi, concernenti l’ammissione alla gara di Diemme e Naer (“La cascina”, ndr) realizza in modo pieno l’interesse principale fatto valere dall’appellante». Per il San Carlo «non pare sussistere un’alternativa al subentro», tenuto conto che Kuadra ha manifestato in maniera chiara la sua volontà con un telegramma e un sollecito in proposito. Un telegramma e un sollecito che avrebbero «formalizzato una domanda di subentro nella gestione del servizio». Ma allora che bisogno c’era di «formalizzare» se ne parlava già la sentenza?
Se non è così “domani” il Consiglio di Stato potrebbe respingere il “giudizio di ottemperanza” per inammissibilità, e la palla tornerebbe di nuovo ai giudici del Tar di Basilicata. Risultato: se andranno in porto le richieste di risarcimento per l’azienda ospedaliera San Carlo la bolletta sarà ancora più salata, perchè gli interessi non li ferma nessuno.


martedì 13 settembre 2011

Emergenza nucleare in Francia Basilicata un cimitero di scorie


Emergenza nucleare in Francia
Basilicata un cimitero di scorie
di PASQUALE DORIA
MATERA - Ci sono state commissioni parlamentari 

e verifiche di ogni tipo per stabilire cosa rimane 
della stagione «atomica» al Centro ricerche della 
Trisaia. L’ultima conferma è nella pubblicazione di 
una serie di cablogrammi tra la Sogin, la società
 del ministero del Tesoro che gestisce le scorie 
radioattive custodite nella struttura in riva allo Jonio
 lucano, e un’agenzia governativa Usa. Le notizie 
sono affiorate dalla montagna di documenti scaricati 
in rete da Julian Assange tramite WikiLeaks. È stata
diffusa, tra l’altro, una lista di materiale nucleare nella
 quale non compare il plutonio. Ma l’uranio altamente arricchito c’è. È noto anche come
 uranio a gradazione per le armi (Heu) e, nello stato che i tecnici definiscono fresh, ovvero
 puro, è presente nella quantità di 15.398,4 grammi unitamente a 92.414,2 grammi irradiati.
La prima quantità dovrebbe essere riconducibile alle 84 barre Usa trasferite tra il 1969 e
 il 1971 al Centro ricerche della Trisaia dal reattore di Elk River, centrale nucleare del
Minnesota in disarmo. La Trisaia allora era gestita dal Cnen; poi, arrivò l’Enea e ora, per
 la parte nucleare, opera Sogin. Una ventina di queste barre subirono un trattamento
 particolare, furono riprocessate, un procedimento che tecnicamente ha prodotto materiale
 altamente radioattivo.

Gli addetti ai lavori definiscono fissile l’uranio, nel senso che può sostenere una reazione

 a catena. Quello altamente arricchito è utile per usi civili e per realizzare ordigni nucleari. 
Si tratta di materiale strategico, interessante dal punto di vista commerciale e anche 
bellico, cosa che fa della Trisaia, un vero e propio cimitero di scorie, un obiettivo sensibile
 piazzato dagli anni Sessanta nel cuore della piana Metapontina. È la zona agricola e
 turistica più ricca della regione Basilicata. Nella lista diffusa online figurano, inoltre, 2.754
 grammi di uranio a basso arricchimento e 6.069 grammi di uranio impoverito conservato 
in una soluzione nitro. Grande è la quantità di uranio naturale, pari a 1.114.042,8 grammi.
 L'uranio, che non è un minerale abbondante, è stato il primo elemento fissile scoperto in
 natura. Qualità, che dopo complessi processi di lavorazione, lo rende la principale 
materia prima per gli ordigni nucleari e la costruzione, nonchè l'alimentazione di reattori
 nucleari. Vale molto e muove grandi appetiti. Per la cronaca, è solo il caso di ricordare
 il Centro ricerche sorge non lontano dal Terzo Cavone, ubertosa contrada nel territorio 
di Scanzano Jonico, quasi attaccata ai cento ettari sui quali si è sviluppata la breve 
stagione nucleare made in Italy.

Il 12 novembre del 2003, mentre il paese piangeva i morti di Nassirya, il Consiglio dei 

ministri del Governo Berlusconi decise che tutte le scorie del Belpaese dovevano
 essere stoccate in una miniera di salgemma a Terzo Cavone. Non fu rotto neppure 
un vetro, ma in centomila protestarono contro questa decisione destinata ad essere
 ben presto ritirata, anche perchè tecnicamente irrealizzabile.

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=454915&IDCategoria=1

venerdì 9 settembre 2011

REGIONE BASILICATA-organismi di valutazione asp e regione, regole sempre all'insegna delle amicizie politiche



Pubblicati due avvisi, uno dell’Asp (1/9) e l’altro della Regione Basilicata (delibera Giunta n.1170 dell’8/8) utili alla costituzione degli Organismi Indipendente di Valutazione delle Performance dei due enti. Avvisi che ci lasciano incuriositi ma allo stesso tempo perplessi in considerazione di alcune condizioni previste. In primis, si inventa il parametro dell’età, in una Regione dove in politica si ritrovano le stesse facce dai tempi di Nitti, l’oligarchia lucana impone la regola che l’età media dei componenti degli organismi non deve essere superiore ai 50 anni e questo, al solo fine di “assicurare all’OIV esperienza e capacità di innovazione”. Quindi, oggi scopriamo che “l’innovazione continua” del De Filippo pensiero per i nuovi “nominati regionali” passa ad applicare sofisticati algoritmi. In aggiunta alle “interferenze statistiche”  sono stati inseriti anche dei vincoli sui percorsi accademici: in Basilicata ormai solo chi ha studiato economia o ingegneria potrà valutare le performance dirigenziali. Tutti gli altri, ad esempio i laureati in giurisprudenza, devono dimostrare in aggiunta di aver frequentato qualche master o una specializzazione post laurea. L’innovazione però si ferma qui, concretamente per la selezione dei candidati si rimane all’antico, poiché come al solito non sono specificati i criteri che saranno seguiti per la selezione di chi dimostrerà queste ed altre peculiari caratteristiche, si prevede di ricorrere alla saggezza dell’intuitu personae del Direttore Generale dell’ASP e quello della Giunta Regionale in tandem questa volta con la Presidenza del Consiglio. Insomma, in parole povere ancora una volta la lottizzazione e la chiamata per appartenenza, amicizia e protettorato politico, altro che organismo indipendente. Abbiamo presentato l’ennesima interrogazione per capire i motivi amministrativi, organizzativi e politici di questi strani “bandi statistici” ma anche per essere illuminati sull’evidente contraddizione riguardo al compenso. La funzione è la stessa ma mentre l’Organismo Indipendente di Valutazione della performance dell’Azienda Sanitaria Locale di Potenza controllerà l’attività amministrativa di circa 300 dirigenti compreso i primari per un compenso di 15 mila euro, quello della Regione Basilicata per uguale funzione ma per circa 50 dirigenti spetterà un compenso di 65 mila euro.
Poiché è di tutta evidenza che la Regione Basilicata non riesce a dare un indirizzo unico sulla formulazione degli avvisi pubblici abbiamo richiesto l’immediata sospensione delle procedure di selezione richiamate e la successiva riapertura delle stesse contestualmente alla formulazione di precisi criteri di selezione dei concorrenti ed alla corresponsione di analoghi compensi che si propongono nella misura di 15.000 euro.
Abbiamo altresì colto l’occasione per diffidare il Presidente della Giunta a fornire un’immediata risposta riguardo le interrogazioni del28/06/2011  e del 2/8/2011 sulle borse di studio dell’Asp. Ovviamente ricordiamo anche al Presidente Folino, che tra una festa del Pd e il parere che dovrà esprimere come ufficio per queste nomine, la responsabilità di sovraintendere al rispetto delle regole è tutta sua.

Potenza 9/9/2011
                                                                                              Gianni Rosa e Mariano Pici

giovedì 8 settembre 2011

Potenza, l'Asp spende 674mila euro in fitti


Potenza, l'Asp
spende 674mila
euro in fitti
POTENZA - Ma era proprio necessario trasferirsi 
in un immobile a ridosso della Ferriera e senza 
parcheggi?
 Non si è spenta l’eco della polemica sulla nuova 
sede dell’Azienda sanitaria di Potenza, in 
via Appia, nel capoluogo lucano.
 Un’eco che si riverbera anche sul fronte economico:
 la struttura, 
infatti, costa all’Asp circa 199mila euro all’anno.
 È anche vero, però, che il trasferimento in via 
Appia ha 
consentito la dismissione di parte dei locali in affitto 
al Don Uva 
(circa 105mila euro). Una dismissione di affitti è avvenuta anche
 della ex Asl di Venosa, la n. 1, ad Avigliano, a Genzano di Lucania e
 a Rionero in Vulture per altri circa 76.000 euro.

Sono dati resi noti dal sito blogallo.it che focalizza da sempre l’attenzione 

su tematiche sanitarie. 
Sul sito web si legge che l’affitto dei locali di via Appia è stato necessario 
perchè è in atto 
un contenzioso con la ditta che ha vinto la gara per la ristrutturazione del 
poliambulatorio di via Torraca. Che, dicono dall'Asp, è in via di definizione.
 «È stato necessario trovare altri locali
 - spiegano dall'Asp - per liberare spazi in via del Gallitello, dove verrà 
aggiunta l'attività di piccoli 
interventi oculistici, come la rimozione della cataratta».

La scelta di via Appia appare in perfetta sintonia con quella di via del 

Gallitelo dove si trova il poliambulatorio «Madre Teresa di Calcutta». 
Anche qui c’è una scarsità di parcheggi. 
«Si poteva fare una scelta migliore. La decisione di acquistare quel 
poliambulatorio in via 
del Gallitello, per dare altri spazi all'attività sanitaria dell'azienda, 
data la necessità di ristrutturare 
la storica sede di via Torraca - ricorda blogallo.it - la prese l'allora 
direttore generale, Cataldo Adduci. L'acquisto venne poi perfezionato 
praticamente, dal suo sostituto protempore, l'attuale direttore sanitario, 
Giuseppe Cugno, che allora, per due anni, ricoprì i due ruoli 
contemporaneamente».

L'accordo prevedeva anche che l'Asl avrebbe potuto, con diritto di 

prelazione, acquistare il resto della struttura. Circa la stessa metratura 
dell'attuale poliambulatorio. Acquistata poi dall'Inpdap 
(istituto di previdenza) a un prezzo concorrenziale. Quel non avvalersi 
del diritto di prelazione, 
da molti viene ancora oggi definito uno dei tragici, se non il principale 
errore, della gestione di Attilio Nunziata, ex direttore dell'Asl 2. Per far
 fronte alla mancanza di spazi - ricorda ancora blogallo.it - l'Asl di 
Nunziata scelse di prendere in affitto locali dal Don Uva
 (la struttura psichiatrica nei pressi 
dell'ospedale San Carlo di Potenza) per circa 300.000 euro l'anno. 
E anche uno a ridosso del poliambulatorio di via del Gallitello,
 dove oggi ha sede la struttura dedicata all'igiene mentale, 
che costa all'Asp circa 120mila euro l'anno. Poi c'è l'esborso di 
altri 38.600 euro per pagare l'affitto 
di un locale adibito ad archivio. Il totale è di circa 460.000 euro 
di affitto: sarebbe stato sufficiente per accendere un mutuo e 
acquistare una struttura capace di contenere tutte le attività 
dell'Azienda sanitaria. Non si poteva pensare a un’unica sede. 
Dove? L’idea di creare una cittadella dei saperi nell’area 
dell’ex Cip Zoo serpeggia ancora oggi tra gli stessi vertici dell’Asp: 
un unico plesso sanitario dell’Asp è l’obiettivo a cui guardare per i 
prossimi anni se non si vuole andare incontro a nuove polemiche
 su fitti d’oro, carenza di parcheggi e polverizzazione dell’offerta
 all’utenza. Ma è ovvio che serve una volontà politica. Che al momento
 sembra non esserci. E così la comunità continua a pagare. 
L’Asp versa soldi anche per le 22 sedi nei vari paesi 
(come riportiamo nella scheda che pubblichiamo in questa stessa pagina).
 Negli altri 75 comuni l'Azienda non paga affitti perché proprietaria o 
perché in comodato.
 Il totale che l'Azienda sanitaria di Potenza sborsa di affitti è 
di 674.000 euro.

Insomma, fra contenziosi con le ditte e scelte discutibili sul fronte

 manageriale, la comunità si ritrova a pagare affitti esosi ai privati 
nonostante la stessa Asp abbia un cospicuo patrimonio immobiliare.


http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=453525&IDCategoria=12